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SEDICI APRILE 1889 ... QUANTI SIETE? COSA BEVETE?

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Il sedici aprile 1889 era un martedì, come oggi, e la sala delle udienze della Pretura Mandamentale di San Marco Argentano era gremita più del solito.
Erano iscritte a ruolo quattro cause, intentate dall'appaltatore del dazio nei confronti di quattro rivenditori di vino. Come sempre accadeva quando più che l'onore era in discussione il denaro, l'atteggiamento degli accusati, parenti, amici e sostenitori, in maggior parte frequentatori di cantine, era di aperta ostilità nei confronti della parte lesa, in questo caso Salvatore Argento, appaltatore del dazio sui consumi, che gli imputati avrebbero evaso.
Il consumo era quello del vino e gli accusati erano tutti rivenditori, solidali nel ritenere la tassa comunale, chi l'aveva imposta e chi ne aveva ottenuto la gestione frutto dell'umana e perversa indole che era alla base della tirannia!
Le parole sono mie, ma i sentimenti sono o, meglio, erano con molta probabilità quelli che i protagonisti di quella giornata di ordinaria giustizia provavano. Chi erano gli imputati? Si chiamavano Antonio Aita, Luigi Ferraro, Salvatore Richetti e Maddalena Spinelli, tutti, pur con forme diverse di esercizio, rivenditori di vino.
Credo, tuttavia, che quando tutti i processi si conclusero, all'iniziale solidarietà siano subentrati i soliti 'distinguo', considerato che ad essere condannata fu soltanto Maddalena Spinelli, mentre gli altri tre furono assolti.
In occasione delle mie trascrizioni di atti di archivio non mi preoccupai di scrivere le diverse motivazioni che erano alla base delle sentenze pretorili, per cui oggi non so dirvi perché a pagare dieci lire di multa fu soltanto l'ostessa, mentre gli altri se la cavarono alla grande. Potrebbe trattarsi di un'ingiustizia ... di genere, simile a quelle che la quotidianità della vita somministrava alle donne più indifese? Potrebbe darsi, ma il nostro personale convincimento basato su un pregiudizio ideologico potrebbe rivelarsi falso e danneggiare ancor più la donna.
Le uniche informazioni sui diversi processi riguardano le personalità degli imputati, alcune specificità riguardanti la loro attività di vendita,i loro legami familiari, e la personalità del giudice che emise le sentenze, il pretore Gaetano Algaria.
Proprio su di lui, in questa stessa rubrica, ho avuto modo di parlare anche con riferimento ad uno dei processi di oggi, quello di Antonio Aita, gestore dello spaccio di vendita all'interno del circolo dei galantuomini. Ritengo più opportuno rinviare il lettore alla pagina in cui ho parlato della presenza del pretore a San Marco Argentano, piuttosto che ripetere qui i fatti riguardanti Antonio Aita e la sua vicenda giudiziaria.
Vediamo chi erano gli altri rivenditori.
Luigi Ferraro di Antonio era un cantiniere di quarantanove anni, celibe (si sposerà in seguito con Maria Teresa Cesario), che probabilmente aveva la propria cantina nel quartiere Santa Caterina nei pressi del Vescovado dove risiedeva la famiglia d'origine. Il capo di accusa, per il quale risulterà assolto, era 'non aver pagato il dazio sul vino'.
Salvatore Richetti era titolare di un negozio di coloniali e vendita liquori nella strada principale del paese, via Negroni, oggi via Roma. Anch'egli era stato rinviato a giudizio 'per non aver pagato il dazio sul vino'. Nella sentenza di assoluzione viene ordinata anche la restituzione del vino che gli era stato sequestrato.
Infine Maddalena Spinelli di Giuseppe nel rinvio a giudizio risulta essere una contadina di trentaquattro anni, che ho individuato come la consorte di Luigi Libonati, già falegname e in seguito commerciante, con casa e bottega nel quartiere Casaletto. Poiché dagli atti risulta che la donna aveva introdotto nel suo negozio di vendita alla minuta novanta litri di vino senza pagare il dazio, potremmo dedurre che il genere di attività commerciale di cui lei stessa o il marito era titolare non prevedesse la vendita di vino e, pertanto, fu condannata al pagamento di una multa di dieci lire, non potendo essere assolta, come gli altri, con il solo pagamento del dazio all'appaltatore.
E quest'ultimo chi era? Era figlio di un bottegaio, poi bettoliere, nativo di Paola, con casa e attività sotto la Torre, nel quartiere Casalicchio, lo stesso in cui viveva Maddalena Spinelli, con la quale oltre alla comune attività pare ci fosse anche qualche affinità. All'epoca del processo aveva ventotto anni. Se ci fosse qualche ruggine tra le due famiglie, non saprei dirlo, ma non è del tutto improbabile che a dividerle ci fosse quell'attività redditizia rappresentata dalla vendita del vino.
Ho voluto raccontare questa storia per una serie di motivi, il primo dei quali è l'evasione del dazio, che doveva essere ampiamente diffusa, considerato che quando ero giovane ricordo che era ancora praticata, al punto che gli incaricati del dazio erano considerati alla stregua di ... persecutori, con i quali, tuttavia, era opportuno mantenere rapporti amichevoli! Scherzosamente ho riportato nel titolo le parole dal gabelliere medievale nel film "Non ci resta che piangere", con la variante riguardante il vino.
Coloro che hanno dimestichezza con le pagine dell' Ottocento dietro l'angolo, riguardanti la storia di San Marco Argentano e dei suoi abitanti, possono inoltrarsi nella ricerca di parentele e affinità con le persone citate, i quartieri in cui queste abitavano e le attività che svogevano.
Di tutti potrei raccontarvi una buona parte della loro vita, ma non so quanto l'argomento potrebbe interessare ai vari lettori. Alcune persone più anziane potranno trovare nei nomi e nei particolari narrati un pezzo di storia che li riguarda più da vicino e aggiungere quelle notizie che fanno parte delle proprie memorie familiari.

S.Marco Argentano, 16 aprile 2024

Paolo Chiaselotti

Per sapere chi fossero le persone citate si vedano le seguenti pagine
Algaria    Aita (ceppo 1)    Argento (ceppo 1)    Ferraro (ceppo 5)    Richetti    Spinelli



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